Processo Ippocrate, parlano i difensori: “Accuse infondate, Piras estraneo al sistema di potere”

È iniziata questa mattina, dopo quattro anni di dibattimento, la fase delle arringhe difensive nel processo Ippocrate, che ruota attorno alle presunte assunzioni pilotate nella sanità oristanese per favorire il Partito dei Sardi. Al centro dell’inchiesta anche concorsi truccati per infermieri, operatori socio-sanitari e ostetriche, ruoli assegnati in base a logiche politiche e presunti favoritismi nella gestione degli incarichi attraverso alcune agenzie interinali.

Di rilievo, nell’udienza odierna, la difesa di Gianni Piras, ex direttore delle professioni sanitarie della Asl, rappresentato dagli avvocati Luigi Satta e Aldo Lucchi. Per Piras il pubblico ministero Marco De Crescenzo ha chiesto una condanna a 7 anni e 3 mesi. Secondo l’accusa, la sua nomina sarebbe stata il frutto di un accordo politico: Piras avrebbe avuto rapporti di strettissima vicinanza con l’allora Sindaco di Macomer Antonio Succu e con Salvatore Manai, entrambi riferimenti del Partito dei Sardi.

“Ma dove sono i riscontri oggettivi?” ha chiesto Satta in aula. “Non ci sono telefonate, documenti, testimonianze che provino alcun legame. Quando ci sono elementi, dimostrano il contrario. Addirittura una telefonata con Manai mostra chiaramente che Piras è estraneo a dinamiche politiche: usa l’impersonale, chiede ‘si è fuori dalla coalizione?’ dimostrando totale distacco”.

Secondo la difesa, la nomina di Gianni Piras fu del tutto legittima e supportata da un curriculum di alto livello: due lauree, esperienza come dirigente a Sassari, docente in corsi di formazione. “Non c’è paragone con gli altri candidati in graduatoria – ha detto l’avvocato – e lo ha confermato anche l’allora commissaria Porcu. Anzi, se l’incarico fosse stato assegnato ad altri, come la Collu, sarebbe stato contro legge, perché priva di alcuni titoli”.

Riguardo alle accuse sui concorsi, Satta ha definito il sistema “trasparente e regolare, basato su competenze”. “Anche se si volesse dare credito a chi contesta alcuni passaggi – ha aggiunto – sarebbero comunque fatti già prescritti”.

A rafforzare la linea difensiva è intervenuto anche l’avvocato Aldo Lucchi, anch’egli legale di Piras. Ha parlato di “diversità di valutazione per condotte identiche” e di “superficialità nell’analisi di alcuni aspetti dell’inchiesta”. Ha respinto l’accusa di illegittima partecipazione al concorso per ostetriche, contestando la fondatezza dei rilievi: “Non esiste una norma che sanzioni il comportamento attribuito a Piras, che creò un file di domande in formato .doc per un superiore, mentre il sistema prevedeva la consegna di file .rtf. Ma quei file – ha sottolineato – non sono mai finiti nelle mani dei candidati. Le accuse si basano su una confusione tecnica”.

Lucchi ha poi chiarito che, al momento dei fatti, Piras non era ancora direttore, ma dipendente con dovere di obbedienza ai suoi superiori. Quanto all’appartenenza al Partito dei Sardi, “aveva chiesto l’iscrizione nel 2014, ma non l’ha mai rinnovata. Non esiste prova di un suo coinvolgimento nella vita politica del partito”.

Sulla presunta gestione pilotata dei concorsi, Lucchi ha osservato che “se davvero Piras fosse stato un uomo del partito, non si spiega perché non siano stati indagati altri membri delle commissioni, come Nicola Coroneo, che non solo era aderente al Partito dei Sardi, ma avrebbe anche consegnato personalmente alcune domande a Salvatore Manai. E sono proprio quelle – ha detto – che finiranno nelle mani di candidati vicini a Manai, non certo a Piras”.

Unico elemento ritenuto “tangibile” dall’accusa è un file in block notes, con il nome “Angela Oppo” e la risposta a una sola domanda, fotografato da alcuni candidati. “Ma quel file – ha ribadito Lucchi – non è mai stato trovato, né è stato dimostrato che provenisse da Piras”.

Nel corso dell’udienza ha preso la parola anche l’avvocato Paolo Raffaele Tuffu, parte civile in rappresentanza dell’ATS. Ha parlato di “gravi danni” arrecati all’azienda sanitaria “in termini di immagine, di credibilità verso l’opinione pubblica e anche di costi e sanzioni”. Ha chiesto un risarcimento danni di 500 mila euro, oppure una cifra determinata in via equitativa, in caso di impossibilità di quantificazione precisa. La richiesta di condanna è in solido per tutti gli imputati.

Hanno poi parlato gli avvocati Francesco Marongiu e Massimiliano Ravenna, in difesa di Agnese Canalis e Nicola Contadini, responsabili delle agenzie interinali che curarono alcune assunzioni. “Solo sei su 98 quelle che si presume siano state indicate da Antonio Succu” – ha spiegato l’avvocato di Agnese Canalis.

Il cuore del processo resta però legato alle posizioni dell’ex Sindaco di Macomer Antonio Succu e dell’ex consigliere regionale Augusto Cherchi. Per loro, il pm Marco De Crescenzo ha chiesto condanne rispettivamente a 9 e 8 anni di reclusione, ritenendoli artefici di un meccanismo clientelare costruito con l’appoggio di dirigenti sanitari e agenzie interinali. Secondo la Procura, avrebbero sfruttato il potere di influenza del Partito dei Sardi per piazzare uomini fidati in posizioni strategiche.

Sono state invece archiviate, grazie alla riforma Cartabia, le posizioni dell’allora manager della Asl Antonio Meloni e della commissaria Maria Giovanna Porcu. Il processo si avvia ora verso le sue ultime udienze, con l’obiettivo di arrivare a sentenza entro l’anno.

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