Oristano. Parla l’avvocato del paziente contagiato: “Denunceremo”. E ricostruisce i fatti
Dall’avvocato Gianfranco Siuni, riceviamo e integralmente pubblichiamo
“In nome e per conto del sig. R. T. significo quanto segue e preciso, sin da ora, che la procedura di contenimento prevista per prevenire il contagio del virus “Covid 19” è stata attivata immediatamente su iniziativa del sig. R.T. e dei suoi familiari, ragion per cui, come appresso verrà meglio chiarito, tutte le notizie diffuse tramite social network, poi riprese dai principali quotidiani on line locali, sono assolutamente prive di fondamento e dal contenuto chiaramente diffamatorio, sulle quali la famiglia mi ha conferito mandato di agire nelle opportune sedi giudiziarie, al fine di interrompere immediatamente la diffusione di false notizie, nonché di agire per il risarcimento dei danni materiali e morali causati al mio assistito.
Dal momento che le false notizie fatte circolare nei social network, nei quotidiani on line e, da ultimo, su Whatzapp, in merito alla persona del mio assistito, stanno contribuendo ad alimentare un’incontrollata e inopportuna psicosi del tutto inutile e dannosa, specie in un momento storico in cui le persone hanno bisogno di confidare in notizie autorevoli e verificate, per dovere di verità è necessario fare chiarezza e ricostruire la vicenda in maniera assolutamente fedele allo svolgersi dei fatti.
Innanzi tutto, occorre premettere che il sig. R.T., al rientro dal viaggio di lavoro a Milano, effettuato nei giorni 20 e 21 febbraio 2020, non accusava alcun sintomo ed era in perfetta salute.
Alla prima comparsa della febbre, il 25 febbraio 2020, il paziente, in ossequio alle direttive imposte dal Ministero della Salute, ha sempre mantenuto l’isolamento domiciliare volontario e, con il successivo aggravarsi dei sintomi, tramite la moglie, ha provveduto a contattare in numero verde di Emergenza Corona Virus 800 311 377, dal quale comunicavano che sarebbero stati ricontattati da personale specializzato per la valutazione della situazione, anche alla luce del fatto che, in quel momento storico, la città di Milano veniva considerata “zona gialla” e, quindi, non ad alto rischio.
Il giorno seguente il sig. R.T. è stato contattato telefonicamente dal medico appositamente incaricato, dott.ssa M., alla quale venivano indicati dal paziente tutti i sintomi (astenia, debolezza, tosse, febbre e dolore al torace). La conversazione terminava con ampie rassicurazioni da parte della dott.ssa M. che ribadiva al sig. R.T. e ai suoi familiari di non preoccuparsi, in quanto a suo parere non si trattava di Corona Virus “in considerazione della tipologia dei sintomi e del fatto che Milano non fosse considerata zona rossa ma gialla”. Tale diagnosi veniva confermata anche dal medico di base, in data 2 Marzo.
Ad ogni buon conto, il sig. R.T. non è mai stato sottoposto ad alcuna imposizione di quarantena obbligatoria da parte della dott.ssa M. –che nonostante le ripetute sollecitazioni anche da parte della moglie del mio assistito non lo ha mai visitato, così come non ha mai incaricato altro personale medico per verificare de visu la situazione del paziente come le circostanze avrebbero imposto.
Ciò nonostante, il mio assistito fin dalla comparsa del primo sintomo febbrile è sempre rimasto nella sua abitazione senza mai mettere il naso fuori dalla porta, ragion per cui tutti gli sproloqui apparsi sul web che vedevano il mio assistito beatamente in giro per le strade oristanesi, incurante del rischio di mettere in pericolo la salute degli altri cittadini, sono palesemente falsi e diffamatori.
Il culmine del linciaggio mediatico, frutto di informazioni distorte e mai verificate, viene raggiunto con la diffusione via Whatzapp di un messaggio vocale -il cui autore parrebbe essere una dottoressa specialista in ginecologia e ostetricia- che verrà sottoposto all’attenzione della Procura competente al fine di identificarne l’autore e perseguire tutti i reati che in esso potranno ravvisarsi, nel quale, il mio assistito viene apostrofato con appellativi gravemente offensivi.
L’unica colpa che ha avuto il sig. R.T. è quella di essersi attenuto scrupolosamente alle prescrizioni dategli dai sanitari ai quali si è rivolto, provvedendo peraltro, si ribadisce di sua iniziativa, benché il servizio preposto lo avesse tranquillizzato sul carattere non preoccupante dei sintomi manifestati, ad auto isolarsi fintanto che il suo medico di base gli prescriveva una rx urgente, per eseguire la quale è stato costretto ad uscire dalla sua abitazione, posto che nessuno, e men che meno il sanitario del servizio di emergenza che giornalmente monitorava lo stato di salute del paziente, gli ha mai indicato una via alternativa.
In data 5 marzo 2020, alle ore 13:05, visto che le condizioni di salute del paziente peggioravano e che, malgrado le insistenti richieste di intervento e di visita da parte del coniuge al medico incaricato dal servizio di emergenza, nessuna misura veniva adottata, veniva ricontattato il medico di famiglia, il quale prescriveva una rx torace urgente per avere una diagnosi più precisa che veniva effettuata presso lo Studio di Radiologia del dott. Francesco Fiorini, in data 6 marzo 2020 alle ore 9 e 45.
È opportuno ribadire che il paziente si è recato presso lo Studio in questione, lasciando la sua abitazione per il tempo strettamente necessario ad eseguire la visita, forte delle rassicurazioni avute sia dal suo medico di base che dal medico del servizio di emergenza, i quali escludevano la riconducibilità della sintomatologia al contagio da Corona Virus. È del pari opportuno sottolineare come il sig. R.T., ben lungi dal voler ricorrere a sotterfugi o comportamenti reticenti, da ben undici giorni attendeva che un sanitario prendesse seriamente in mano la sua ingravescente patologia che manifestava sintomi sempre più allarmanti, tant’è vero che il paziente non mangiava più da giorni e manifestava i primi sintomi della disidratazione.
Devono contestarsi come non rispondenti al corretto svolgersi degli accadimenti anche talune delle informazioni rese dallo studio di radiologia nel noto post apparso sul profilo Facebook del professionista.
In particolare, già all’atto di prenotazione telefonica della visita ad opera della moglie del sig. R.T., la collaboratrice del professionista veniva subito informata, seppure sommariamente, della sintomatologia febbrile manifestata, dell’urgenza e dell’esigenza di evitare l’attesa all’interno dello studio, ottenendo la massima rassicurazione sul fatto che il paziente sarebbe stato fatto entrare direttamente senza alcuna attesa. Nell’occasione della telefonata, nessuna ulteriore informazione veniva richiesta al paziente, mentre quest’ultimo una volta giunto presso lo studio, indossata la mascherina che gli veniva fornita all’ingresso, raggiunta la sala di radiologia, descriveva puntualmente e spontaneamente i suoi sintomi, senza nulla omettere, compreso il suo recente soggiorno a Milano.
Ancora una volta si deve rimarcare che si sta parlando di un soggetto fortemente preoccupato per il suo stato di salute che vedeva aggravarsi di ora in ora e che sperava di trovare qualcuno competente che prendesse seriamente a cuore la sua vicenda, ragione per cui aveva tutto l’interesse a descrivere scrupolosamente i sintomi e a rendere ogni informazione utile. Peraltro, terminata la visita, il paziente non è stato allontanato dallo studio, ma, dato il suo stato febbrile, sono i suoi familiari che hanno scelto di accompagnarlo subito a casa senza attendere il referto, che poi è stato loro comunicato telefonicamente nell’arco della mattinata dallo stesso dott. Fiorini.
Alla luce dei fatti sopra descritti, risulta palese che nessun addebito possa riscontrarsi nella condotta tenuta dal sig. R.T., vittima di un sistema sanitario probabilmente impreparato ad affrontare l’emergenza, tanto da potersi ipotizzare che l’aggravarsi del quadro clinico sia legato ai ritardi diagnostici.
A questo proposito, è sufficiente rilevare che la dott.ssa M. del servizio di emergenza, anche una volta resa edotta del referto dell’rx nella stessa mattinata del 6 marzo, ha continuato a tergiversare comunicando ai parenti di ritenere che la situazione non fosse così grave e che non occorresse un ricovero immediato e che si potesse attendere sino al giorno successivo per l’esecuzione del tampone.
Solo in quel momento, peraltro, la stessa riferiva di aver allertato l’unità di crisi e sempre e solo da quel momento imponeva al paziente e al coniuge la quarantena obbligatoria.
Il tampone verrà eseguito solo il giorno successivo in tarda mattinata e, tuttavia, prima ancora di avere l’esito ne veniva disposto il ricovero presso l’Ospedale San Francesco di Nuoro, dal quale, una volta conosciuto l’esito positivo del tampone, veniva trasferito presso l’Ospedale di Sassari.
Si è ritenuto doveroso riportare fedelmente la cronologia dei fatti così come i miei assistiti asseriscono essersi svolti, al fine di contrastare la diffusione di false notizie e al fine, altresì, di tutelare la dignità e l’onorabilità di una persona allo stato totalmente indifesa che non può dire la sua, ingiustamente oggetto di una sconsiderata “caccia alle streghe” condotta sulla base di notizie vaghe e non verificate, anche da parte di soggetti che appartengono proprio alla sanità pubblica.