Rivoluzione digitale e il giornalismo che non esiste più. Il libro di Marco Gasperetti
Raccontare l’evoluzione e la rivoluzione che ha accompagnato il giornalismo negli ultimi 40 anni, per capire quale strada ha intrapreso il mondo dell’informazione.
Lo fa Marco Gasperetti con il suo ultimo libro “La storia della società dei giornalisti estinti” (Mauro Pagliai editore) dove ricorda un mondo che non c’è più. Un mondo nel quale il piombo e l’odore dell’inchiostro hanno lasciato il posto al computer e agli smartphone.
Livornese, docente di Giornalismo online e Didattica multimediale all’Università di Pisa, giornalista del Corriere della Sera, per cui scrive di cronaca, politica, cultura e nuovi media, cofondatore del webteam Espresso Finegil (una delle prime redazioni italiane di giornalismo online), Gasperetti descrive una professione che ha subito cambiamenti radicali. Da quando non esistevano fax né computer, e il cronista doveva dettare i suoi pezzi da un telefono pubblico a gettoni, all’era dei social media che minacciano la professione.
Scritto nei mesi del lockdown, “La società dei giornalisti estinti” racconta un mondo in bianco e nero, fatto di fumo di sigarette in redazione e reporter vecchio stampo, macchine per scrivere, odore di inchiostro e taccuini. Un mondo che l’autore ha vissuto durante la sua lunga carriera e che ricostruisce con un sincero tocco di nostalgia, senza trascurare qualche pungente critica.
Proprio le trasformazioni tecnologiche che hanno portato alla crisi dei media tradizionali sono al centro di un racconto anche autobiografico, ma che ha tratti comuni con quello di tanti giornalisti che hanno vissuto i cambiamenti epocali della comunicazione, anche in una regione come la Sardegna che ha visto nascere i primi grandi progetti di comunicazione su internet.
Per l’autore, il libro è anche una narrazione di formazione: fa capire cosa significa e ha significato lavorare in un giornale negli ultimi quarant’anni, durante i quali dal piombo si è passati ai social network. Lo fa senza la presunzione di esprimere giudizi sul passato e sul presente, o di voler immaginare il futuro.
“La tecnologia ha trasformato profondamente la società, e anche il giornalismo ha dovuto cambiare forma e sostanza. Il mestiere di reporter si è evoluto e tanti sono stati costretti a ripensare il proprio ruolo, spesso vedendo i nuovi mezzi telematici come una minaccia”.
Per Gasperetti il giornalismo, probabilmente, non morirà mai, soprattutto se i giornalisti sapranno essere liberi, preparati e onesti. Ma, certo, il mondo descritto nelle prime pagine del libro non esiste più, travolto dalla rivoluzione digitale.